Pasquale Brunetti (in arte Paky) è un giovane ragazzo di Pianura che con la danza è riuscito ad arrivare a calcare grandi palcoscenici, come quello dei mondiali in Qatar, e a collaborare con tanti artisti come Elodie, Rocco Hunt e Gigi D’Alessio. Dopo l’esperienza ad Amici è ora impegnato a teatro con “Mare Fuori il musical” (regia di Alessandro Siani, musiche del maestro Adriano Pennino e coreografie di Marcello e Mommo Sacchetta) debuttando, nel ruolo di Pino, il 14 dicembre al Teatro Augusteo di Napoli, con un enorme successo di pubblico, e che lo porterà a girare i teatri di tutta Italia nei prossimi mesi. Ma è gentilmente riuscito a trovare del tempo per concederci un’intervista che riportiamo integralmente.
Paky quando hai capito che la danza era diventata la tua passione?
Ho capito che la danza sarebbe stata la mia passione dal primo giorno che sono entrato in sala. Anche se io inizialmente giocavo a calcio e alla danza mi sono avvicinato per una situazione un po’ comica: un mio amico mi chiese di accompagnarlo dove faceva danza e mi invitò a provare, io accettai e dopo aver provato a ballare fu amore a prima vista. Da lì capii che sarebbe stata la mia passione
Quando hai capito che sarebbe diventata, invece, anche il tuo lavoro?
Ho capito che sarebbe stato il mio lavoro da quando mi sono reso conto che mettevo la danza prima di ogni cosa, cioè prima della scuola, prima degli amici, prima di me stesso anche. Ho cominciato a ballare a casa ventiquattro ore al giorno e non mi sarei mai voluto fermare. Lì ho capito che la mia passione sarebbe stata anche il mio lavoro.
Quanto è stato importante avere questo focus mentale di lavorare al massimo per riuscire?
Secondo me è tutto. Se mai pensi e credi che la tua passione può diventare il tuo lavoro, non lo diventerà mai. Perché si può fare qualcosa solo per passione e basta ma per far si che diventi il tuo lavoro deve esserci uno switch nel modo in cui ti alleni e nel tempo che dedichi agli allenamenti.
Quale è stata la tua prima esperienza da professionista e come l’hanno presa in famiglia?
La mia prima esperienza da professionista ovvero il mio primo lavoro l’ho fatto quando avevo 15 anni. Ho ballato e “recitato” nel video di Gigi D’Alessio “Guaglione” e per me era una cosa inimmaginabile. Essere chiamato da uno dei coreografi di spicco in Italia ovvero Mommo Sacchetta che mi contattò inaspettatamente su Instagram e per me fu scioccante. E, secondo me, in quel momento lì mio padre ha capito che la danza poteva essere il mio lavoro e il mio futuro.
Ci sono state diverse esperienze lavorative dopo quella con Rocco Hunt, Elodie e altri ma ballare alla cerimonia di apertura mondiale in Qatar, partecipare a un evento di portata mondiale per un ragazzo della periferia di Napoli, un ragazzo di Pianura, che è significato?
Il mondiale per me è stato il regalo più grande che la vita mi ha fatto fino ad ora. Mi ha permesso di mettere insieme le mie due passioni, ovvero il calcio e la danza. In più stare dall’altra parte del mondo e ritrovarmi a ballare con dei professionisti che hanno lavorato per anni in questo settore e in eventi di questa portata e con numerosi artisti di portata mondiale, lavorare per la FIFA e ballare davanti a più di 80.000 persone mi ha fatto capire che questo è il mio mondo e non la dimenticherò mai come esperienza.
Dopo il mondiale arriva l’esperienza televisiva di Amici. Cosa significa amici per un ballerino, un ragazzo giovane arrivare ad amici e cosa è significato dopo Amici per te?
Amici è, secondo me, un passaggio molto importante per un ballerino e per un artista in generale ed è anche un trampolino di lancio importante. In più ti permette di capire anche come funziona la televisione perché tanti immaginano che la televisione funzioni in un certo modo ma in realtà ha dei tempi tutti suoi, delle dinamiche tutte sue e questo la rende un mondo a parte.
Tu non smetti mai di ballare e, che sia nella stanzetta di casa tua o su un palcoscenico, tu dai sempre il massimo. Ma ci sono stati momenti in cui ti sei sentito soddisfatto di te stesso e del lavoro che avevi fatto?
Mi è capitato poche volte. Però quando è capitato è stato solo nel momento in cui ho soddisfatto le richieste di un coreografo a pieno o quando il pubblico ha risposto in maniera da farti capire che hai lavorato bene e che quello che gli hai dato lo ha percepito, lo ha apprezzato e te lo ha ridato.
Cosa ci vorrebbe, secondo te, per aprire lo scenario della danza e dell’arte anche a posti come Pianura e per dare ai giovani la possibilità di conoscere realtà di espressione divere come la danza?
Secondo me si potrebbero fare più eventi in cui magari si ospitano artisti come cantanti, ballerini, attori che parla di sé e della sua vita e magari spinge i ragazzi a provare ad avvicinarsi alla realtà dell’arte in una qualsiasi delle sue espressioni. Tanti non si aprono a questo mondo perché non sanno cosa può darti a livello interiore ma appena lo scoprono se ne innamorano.
A te capita ancora di andare in giro, nelle scuole di danza per master class o altro e riesci a vedere nel territorio napoletano una buona risposta da parte dei ragazzi o sono ancora bloccati dal pregiudizio?
Certo, ancora vado in giro per le scuole ed è una delle cose che preferisco. Purtroppo, il pregiudizio c’è ancora ed è così in tutta Italia non solo nel napoletano. Però da quando io ho iniziato io, otto anni fa, la situazione è migliorata tantissimo forse anche grazie alla televisione.
Ti capita di ritornare alle origini per magari ritrovare energia e motivazioni in free style con amici o nei luoghi in cui hai cominciato?
Sì, ed è fondamentale prendersi del tempo dagli impegni per scambiare danza con gli amici perché ti da la benzina per continuare e voler fare. Non deve mai mancare lo scambio di arte perché questa è arte: creare arte per scambiare arte.
Ora sei impegnato con “Mare fuori il musical”. Tu, un napoletano che parla di Napoli insieme a tanti altri ragazzi. Cosa è significato superare il provino?
Riesco a spiegarlo solo con un esempio. Immagina che nella tua stanza ci siano tanti cassetti e che ognuno contenga un sogno. In uno di questi cassetti c’era proprio questo: rappresentare Napoli. La cosa nuova però è che non la sto rappresentando solo ballando ma anche recitando e questo mi riempie ancora di più di orgoglio. Inoltre, lavorare con un artista come Siani, che per me è uno dei più grandi al momento, per rappresentare la mia generazione è il miglior modo in cui posso usare la danza.
Tu interpreti Pino, che non ha un carattere molto simile al tuo. Ma quali sono state le sfide per riuscire a interpretare Pino?
Pino è un personaggio che si mostra forte ma che dentro è molto sensibile e in questo mi somiglia. Io non sono pazzo come lui però per riuscire a interpretare quella “pazzia” ho dovuto usare l’adrenalina che accompagna sempre questi lavori.
Quanto è stata importante la figura di Siani per poter tirare fuori al meglio il personaggio e per poter dare il meglio in scena?
Io ho conosciuto il teatro grazie a Siani e per me è un idolo da sempre. Recitare sotto la sua direzione e con i suoi consigli è stato fondamentale per riuscire al meglio. Lui era sempre in platea e spesso mi ha aggiunto delle battute comiche che sembravano storcere con il personaggio di Pino ma che invece poi hanno avuto molta fortuna. E quando vedevo Alessandro ridere in platea, durante le prove, alle mie battute è stato assurdo…io che facevo ridere Siani.
“Mare fuori” è una sfida perché esisteva già la serie. Ma come avete capito di aver fatto un buon lavoro e di essere piaciuti al pubblico?
Ci siamo riusciti perché il livello è diventato altissimo nella recitazione, nella danza e nel canto e con queste espressioni artistiche siamo riusciti a mettere fuori i messaggi di speranza, riscatto, tristezza e difficoltà che “Mare fuori” porta con sé. La risposta del pubblico alle parti cantate e ballate ha mostrato che ci siamo riusciti a creare una espressione di “Mare fuori” che potesse piacere al pubblico parallelamente a quella della serie.
Quanta arte si è scambiata tra i diversi ballerini e attori durante le prove visto che nel cast c’erano anche gli attori della serie?
Tantissimo scambio. Abbiamo cominciato con le coreografie quindi tutti gli attori, come Giuseppe Pirozzi o Antonio D’Aquino, chiedevano a me e agli altri ballerini dei consigli. Quando abbiamo fatto la lettura del copione gli stessi attori venivano con un enorme umiltà a darmi dei consigli per rendere al massimo.
Paky quale è il tuo mantra che vuoi lasciare ai ragazzi che stanno iniziando ad avvicinarsi alla danza o ad altre espressioni artistiche?
Non accontentatevi mai. Non accontentarti mai è anche il mio mantra.
L’intervista è a cura di Simone Manna