Una spina staccata è l’atto finale della triste storia di Indi Gregory, l’ultimo battito del suo cuore alle ore 01:45 del 13 novembre, poi è calato il sipario.

Indi aveva degli occhi tanto belli quanto profondi, a soli 8 mesi aveva già conosciuto il dolore. Era ricoverata a Nottingham, in terapia intensiva presso il Queen’s Medical Center poiché era affetta da una patologia mitocondriale, rarissima malattia che la costringeva all’uso di macchinari indispensabili alla sua sopravvivenza.

Secondo i medici di questo centro la situazione della bambina era tragica e il proseguimento delle cure rappresentava un accanimento terapeutico. Ad avallare tale posizione l’Alta Corte Suprema inglese che ha sentenziato a favore dell’estubazione.

Di tutt’altra opinione era l’equipe di medici italiani del Bambin Gesù di Roma, i quali avevano espresso la propria disponibilità ad assistere la bambina, dando lei una speranza. Attaccandosi a questo barlume di luce, i genitori avevano richiesto, e ottenuto in tempi record, la cittadinanza italiana dal governo, tassello fondamentale per facilitare il trasferimento.

Ma a nulla è valso l’appello dei genitori, la sentenza inglese che, puntava il pollice verso il basso, ha segnato inesorabilmente il destino della piccola. I genitori sono dilaniati adesso non solo dal dolore della perdita ma anche dalla rabbia, dal senso di impotenza e dalla frustrazione.

E’ indubbio che la situazione di Indi fosse drammatica. Restano però irrisolti dei quesiti, che per quanto siano di difficile risoluzione e comprensione, sono fondamentali. Chi aveva il diritto di scegliere sulla vita della piccola paziente? Nel momento in cui le opinioni degli esperti erano discordanti, a chi spettava l’ultima parola? La volontà dei genitori non andava rispettata? Ammesso anche che la situazione fosse irreversibile e che la morte sarebbe sopraggiunta in ogni caso, perché strapparla prima alla vita? E, infine, quante volte l’impossibile diventa possibile? D’altronde anche la malattia genetica di Indi, era da relegare ad una remotissima possibilità, eppure si è verificata.

In casi come il suo, accettare il destino che si creda scritto dal caso, dalla fortuna o da Dio risulta essere già molto difficile, ma quando è dettato dalla volontà umana diventa decisamente impossibile.

Martina Succoio

(foto da facebook)

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